20 luglio 2018

Perdute appartenenze

Ci sono mondi a cui non appartengo più: vite che non mi somigliano, voci che non riconosco, spazi che non so distinguere. Non più. Non come facevo un tempo. E quando accade di ritrovarmi lì dove ho trascorso buone porzioni di esistenza, accanto a persone che una volta erano la mia quotidianità, mi sento disperatamente distante. Erano loro i miei giorni, erano questi i miei luoghi, erano questi i suoni? Non so dirlo. Appartenenze che rintraccio solo nei ricordi ma che mancano al di fuori della mia mente perché tutto è mutato senza mutare affatto. Osservo ogni cosa senza stupore e si fa urgente in me il desiderio sfrontato di andarmene senza far alcun rumore.

[foto by edredon]

16 commenti:

  1. Ho sempre invidiato le "appartenenze" di amici e conoscenti: quelli che avevano il "paese", dove scappare e rifugiarsi tanto per spezzare i ritmi. Che poi, un giorno, diventino perdute, ci sta pure, perché come esattamente sottolinei, molte cose e persone "mutano senza mutare affatto", perché è il nostro sguardo a cambiare, le nostre aspettative, i nostri riferimenti. Chissà se è un bene o un male.. non lo saprò mai...

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    1. In città molto grandi non esistono, temo, vere appartenenze. Le persone si conoscono e si perdono in fretta. Nei paesini, invece, le appartenenze restano vive per sempre. Ci sono, le riconosco e le sento eppure, nel momento in cui torno a certe "abitudini" mi rendo conto che non sono più mie. Hai ragione: è colpa di uno sguardo diverso, di una percezione altra, di riferimenti cambiati.

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  2. Mi sembra di capire che la perdita di queste appartenenze non è dovuta alla casualità della vita ma ad un mutare di mentalità nostro, ciò che ci piaceva non ci piace più, addirittura ci stupiamo di come potessero piacerci certi ambienti e certi personaggi che solo ora vediamo nella loro vera luce un po’ patetica.
    (Uso il noi come segno di condivisione)
    massimolegnani

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    1. Sì, lo sfumare di certe appartenenze deriva principalmente da un mutamento avvenuto in noi. Il resto è quel che è e deve essere ma lo osserviamo da una prospettiva che prima non c'era.
      (Il noi va benissimo!)

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  3. mi accadeva una cosa simile quando passavo davanti alla libreria in cui lavoravo, che oggi è ben altro;
    mi piace pensare che quei mondi li ho abbandonati, come navi lasciate in deriva e mai ci tornerei, questo mitiga il senso di appartenenza passata, formulato come vaga malinconia.

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    1. Ci sono luoghi in cui non si tornerà mai. Perché è naturale che vadano dispersi ma che rimangano intatti solo nella nostra memoria. Una dimensione spazio-temporale che rimane quel che è stata solo dentro di noi.

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  4. finchè i mondi abbandonati vengono rimpiazzati con nuove dimensioni, direi che va tutto bene... il guaio è quando quelli conosciuti smettono di piacere e le alternative sono poco interessanti...
    un po' come succede quando si invecchia e si finisce tra confini sempre più angusti fino all'ultimo angolino per poi andarsene del tutto...

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    1. I mondi di solito si sovrappongono e si mescolano ma non spariscono mai del tutto.
      Quando si smette di amare quel che c'è, inizia il male di vivere e una solitudine non desiderata.

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  5. Erano loro i miei giorni...?
    Sì, lo erano. Ci furono anche per me e uso il passato remoto: ci furono posti, suoni e persone. Persone che, ancora vive, per me non esistono più; posti che nella mia mente, e solo lì, esistono ancora, avvolti nella nebbia.
    Adesso c'è un'altra vita, un'altra Marzia.
    E a volte convivo con me stessa come fossi un'estranea...

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    1. Ci pensavo pochissimi giorni fa: persone anche fondamentali che non esistono più. Meglio, esistono perché vive e vegete ma "morte" perché ormai distanti e assenti da tempo immemore. Vivevano un tempo, ora non più.

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  6. Forse è per questo che non sono mai veramente andato via del tutto dal natìo borgo. Perchè ancora sento che non voglio perdere del tutto, il posto e le radici e le persone da dove vengo.

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  7. Io invece mi sento tutto una nostalgia vaga, non del passato o del futuro, ma una nostalgia del presente, anonima, prolissa e incompresa. Cit.

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    1. In quel preciso momento l'uomo si disse:
      che cosa non darei per la gioia
      di stare al tuo fianco in Islanda
      sotto il gran giorno immobile
      e condividere l'adesso
      come si condivide la musica
      o il sapore di un frutto.
      In quel preciso momento
      l'uomo stava accanto a lei in Islanda.

      J.L. Borges

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    2. Grazie.
      Borges si che la sapeva lunga.

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