4 aprile 2018

Loro parlano soli

A Roma ne incontro spesso. C'è la donna coi capelli arruffati e col trucco che si spalma violaceo o rosso dagli occhi alla guance alla bocca. C'è l'uomo con un lungo pastrano e dagli occhi lucidi che si muove velocemente tra i banchi di frutta e verdura come fosse rincorso dai mostri. C'è la donna con gli occhiali spessi che si riflette in una vetrina e si arrabbia coi fantasmi che le abitano dentro. C'è la vecchia con le pantofole rotte che si rigira tra le dita un nulla che pare un tesoro. C'è quello curvo che dorme per strada e raccoglie cartacce. Parlano soli blaterando parole a vuoto. Sono ombre, spettri difettosi, assurdità in piedi. E sono così tanti.

[foto by nairafee]

21 commenti:

  1. vero, tanti ce ne sono a punteggiare le città di emulatori (meglio abbigliati) che inteloquiscono con un aldilà altrettanto invisibile... a chi guarda può sfuggire la differenza che, in alcuni casi, è rappresentata da una sorta di 'poesia', da una bolla tutta loro, quasi magica.
    l'altro giorno sul bus c'era un signore che aveva il delirio allegro... parlava della croazia, dei tempi della guerra civile e rideva come un matto snocciolando le disgrazie di allora e le sue di adesso con una comunicativa tale da trasformare lo sconcerto iniziale dei passeggeri in allegria collettiva...
    mi fermo sempre a osservarli, un po' perché mi sento vicina alla loro sorte e un po' perché hanno un loro mondo intorno che un po' invidio.
    sono contenta che ne hai scritto e incuriosita dai commenti che seguiranno...

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    1. Sono inquietanti ma innocui, in generale. Abitano un mondo che non ha niente a che fare con il nostro: metodico, scandito da orari e impegni. Loro galleggiano in una sfera diversa e a noi poco comprensibile.

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  2. Anche io ne incontro spesso. C'è una donna qui a Lugano che incontro spesso e che parla sempre da sola/con sua figlia invisibile. Mi fa molta tenerezza perché poi ci sono dei giorni che proprio piange e cammina e cammina. Una signora mi ha detto che percorre continuamente una specie di quadrato nel quartiere.

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    1. Chissà quale trauma e quale dolore ha generato la sua solitudine e la sua follia.

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    2. Mi hanno raccontato che la sua è una storia da dentro e fuori la tossicodipendenza, carceri, comunità fino a quando si è spezzata in due.

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    3. Se cerca una figlia, forse, quella figlia l'ha persa tra un abisso e l'altro.

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  3. A Roma ho l'impressione che ci sia molta più gente sola...

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    1. Non è una tua impressione, temo. Nelle grandi città le persone sole, e spesso con problemi psichici, sono molto numerose.

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  4. Proprio di recente ho letto un paio di romanzi su personaggi analoghi a quelli che racconti tu. Uno s’intitola “Milano è una selva oscura” ed è di Laura Pariani. Bello. L’altro molto meno interessante “Fiaba d’amore “ di Antonio Moresco. Le metropoli producono personaggi simili in cui il dolore della solitudine si rivela in tutta la sua potenza.

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    1. Ho letto diversi libri della Pariani e "Milano è una selva oscura" è tra quelli in attesa di essere letti.

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    2. Ciao Ettore, mi inserisco nella discussione. Sicuramente le metropoli producono personaggi di questo genere ma esistono e vivono anche in provincia e paesini come quello dove sono cresciuto. Potrei raccontarti di uomini e donne che vivevano ai margini, parlavano da soli, un uomo che viveva praticamente per strada e che diede fuoco alla propria stamberga. Gente che a un certo punto crollava e finiva per strada a parlare da sola. Forse nei paesi scompaiono in fretta perché subito spediti e rinchiusi in istituti. Non lo so. Forse è solo la mia esperienza.

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    3. Vivo in provincia e vado spesso in una metropoli come Roma. Posso affermare che in città ci sono moltissimi casi di persone sole e ormai perse. Nei piccoli centri ce ne sono meno. Forse perché nei paesi esiste qualcosa che in città si è persa da tempo: la vicinanza e la solidarietà. Queste persone in un paese sono seguite spesso dai familiari e da persone comunque vicine. Nelle grandi città esistono solitudini che altrove non potrebbero esistere.

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    4. Non lo so Maria ma la mia esperienza di provincia mi racconta di solitudini immense, malati lasciati soli, ragazzi abbandonati a se stessi, persone scomparse nel nulla, suicidi nei boschi scoperti settimane e settimane dopo nell'indifferenza dei parenti e ho visto comunità rimanere indifferenti oppure ipocrite nella loro falsa voglia di aiutare. Poi certo la metropoli ha dimensioni e caratteristiche tutte sue. Ma almeno dalle mie parti funziona ormai che se hai un problema e cominci a parlare da solo ti spediscono subito in un istituto o chiamami x un tso.

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    5. Oppure li tengono ben nascosti in casa rovinandogli ancora di più la vita.

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    6. Forse dalle tue parti certi legami si sono guastati già. Qui, come a volte ti racconto, funziona ancora come forse dovrebbe funzionare.

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  5. Repertorio dei pazzi della città di Roma, a cura di Euridix :P

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  6. te lo scrivo per esteso?
    http://www.marcosymarcos.com/libri/repertorio-dei-pazzi-della-citta-di-andria/

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    1. Sì, conosco la serie dei pazzi cittadini ma non ho mai letto questi libri.

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  7. La città, la metropoli, crea distanza. Assembla solo sulla carta. In realtà divide e dissocia. I reietti vagano senza neanche essere visti. Parlano senza essere ascoltati, non hanno meta dove tutti vanno di fretta, e spesso scansano anche le poche strutture che dovrebbero occuparsi dei disagiati. Difficile trovarli in mensa in Caritas, ad esempio. Vivono un mondo a parte, che non è il nostro, ma dubito anche sia il loro.

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    1. Tu sei romano e probabilmente vedi spesso per strada o nelle piazze queste persone. E sono d'accordo con te sul fatto che la città non assembla nessuno. Vivono in un mondo a sé e da lì non escono quasi mai.

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