Si fa fatica. Si inciampa ancora in qualche vertigine di pensieri incupiti, in qualche accozzaglia di spettri algidi ma poi si torna a sé. Un esercizio fatto di ore che devono costruire vita e non solo tempo. Ché esistere vuol dire spesso rifarsi daccapo: un morire e nascere, un ri-morire e ri-nascere. Circolarità nemmeno troppo viziosa di chi respira e pensa e duole. Si riparte da passi lievi come germogli, da parole tenui come acquerelli. E' dai corpuscoli che si plasma un mondo ed è dalla mia polvere che voglio fabbricarmi ancora. Serve buon tempo e buon volere. Ma non ho paura.
…e magari senza (troppi) ricordi.
RispondiEliminaPerché, spesso, il bagaglio più greve è proprio quello che ingombra la mente ed intasa l’anima.
Il bagaglio di certi ricordi può divenire un po' più lieve col tempo, ma non sparisce.
EliminaSta lì e a modo suo ha la sua rilevanza esistenziale.
Bisogna morire molte volte, per rimanere vivi. Altrimenti ci si mummifica. Morire in questo caso significa rinnovarsi. Io penso di aver vissuto tre vite e di stare entrando nella quarta. Intuizione…
RispondiEliminaCredo che per me sia la terza. Ma c'è ancora tempo per ri-morire e ri-nascere.
Elimina"esistere vuol dire spesso rifarsi daccapo: un morire e nascere, un ri-morire e ri-nascere". Bello questo aforisma: me lo sono segnato.
RispondiEliminaNon so se sia un aforisma, ma grazie.
Eliminadel resto lo hai premesso...: ella, morendo per la seconda volta, non si lamentò... (e speriamo che non si debba lamentare della rinascita;)
RispondiEliminaHai colto un dettaglio fondamentale. Quella frase la presi alla mia seconda morte. Ora dovrei scrivere terza, ma non sarebbe corretto. Ovidio non sarebbe più rispettato.
EliminaNon sempre si riparte da passi lievi, certe volte si riparte di colpo e di gran carriera sull'onda improvvisa del cambiamento entusiasmante.
RispondiEliminaA me serve ripartire con passi lievi. La gran carriera non mi appartiene. Non in questo frangente.
Eliminanon importa quante volte ti sgambettano, ma che ogni volta tu riesca a rialzarti.
RispondiEliminamassimolegnani
Hai perfettamente ragione. Ma rialzarsi, ogni volta, costa tanta fatica.
EliminaSei stata rapida a ritrovarti, complimenti. Per quanto riguarda l'assunto io penso che si ri-nasca tante, tantissime volte, ma non si muore mai. Proprio mai, perché quando arriva l'unica che possediamo -nel senso che ci appartiene- non siamo in grado di apprezzarla pienamente né di riconoscerla a vista, a fiuto.
RispondiEliminaL.A.
In verità sono ancora in fase di ricerca. I tempi non li decido neppure io.
EliminaNon sono d'accordo. Si muore molte volte nella vita. Si muore in senso metaforico ed esistenziale. La morte effettiva, quella senza ritorno, arriverà a prescindere. Ma in tanti la riconoscono e la fiutano. Eccome se lo fanno!
Come dissi 10 anni fa, "Più che un pendolo, a me la vita sembra più logicamente paragonabile ad uno yo-yo".
RispondiEliminaInutile dire che la professoressa di filosofia non prese bene questa mia considerazione su Shopenauer.
Schopenhauer e lo yo-yo sembrano vagamente inavvicinabili. Ma secondo me la tua considerazione è interessante.
EliminaOgni cambiamento è una caduta e un contemporaneo, e necessario, rialzarsi. La stabilità è un equilibrio a volte complicato, altre ce lo teniamo stretto perché la paura, il timore, vincono su tutto. Fremiamo immobili. La vita come ossimoro, sull'orlo del delirio, guardando in giù timorosi, come nella foto a corredo post...
RispondiEliminaL'immagine che ho ripreso per il post, a dire il vero, l'avevo già usata in passato per qualche altro post. Ma mi sembrava davvero emblematica del momento e delle circostanze.
EliminaPost fata resurgo ... bentornata :D
RispondiEliminaCome la Fenice, giusto Pier!
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