Di passi allungati e facili salgo. Il fiato risponde solo al metro che il mio cuore regge. Pulsa e chiede aria. Nel bosco la stagione di smeraldi e gazze sta per cedere scettro e corona ad un tempo imbrunito, fatto di raffiche ed altri umori. Il silenzio si posa sotto le foglie e, come sempre, qui non fa domande. Non c'è nient'altro attorno, a parte la corolla di alberi. Arrivano suoni: hai mai ascoltato le ghiande cadere? Precipitano senza clamori, appena più leggere di un soffio. Un tintinnio tra i rami e poi, a chiudere, un tonfo tenue tra radici e terra. Fruscii che dondolano appena tra il riposo e un'attesa buona.
[foto by mordachai71]
in questo periodo sei particolarmente romantica!
RispondiEliminae molto brava, se posso aggiungermi ad amore_immaginato. un'immagine poetica in prosa
RispondiEliminale ghiande che cadono hanno per me un suono molto familiare, ma il suono della tua scrittura è assai più bello.
RispondiEliminaCapolavoro! Colori,suoni e sapori del bosco che si veste di autunno,un mondo di meraviglie nascosto tra tronchi e felci. Proprio ieri pomeriggio sono stato nel bosco della penisola sorrentina.Un brivido di poesia. C'erano le ghiande,le pigne e tanto vento fresco che portava nei soffi l'odore della corteccia e del muschio.Una pace ed una freschezza assolute.E' un tempio spirituale,non saprei come descrivere tanta bellezza.Ieri,poi,col cielo velato tutto mi sembrava surreale e perfetto.Grazie per queste parole.
RispondiElimina@ Amore_immaginato: non sono romantica... almeno non volevo esserlo in questo caso.
RispondiElimina@ Agnese: ecco, sì. Qualcosa di un po' più poetico.
RispondiElimina@ ruhevoll: anche tu conosci il suono delle ghiande che cadono? Benissimo!
RispondiEliminaAllora sai cosa voglio intendere.
@ Veil: allora siamo andati entrambi in un bosco, domenica mattina. Ho fatto una lunga camminata col mio ragazzo e gli ho insegnato ad ascoltare un po' meglio gli alberi (lui è un tipo di città, certe cose non le sa capire ancora bene...)
RispondiEliminasì le ho sentite le ghiande cadere, come anche le foglie...riempiono del loro tonfo il bosco ed è bello perchè per sentire il loro "tonfo" vuol dire che sei in perfetto silenzio.....:)
RispondiEliminaEsatto.
RispondiEliminaSenza il silenzio giusto non è possibile ascoltarle.
Hai mai dovuto riempire venti mastelle da 30 kg. di ghiande per poi andare a buttarle? Io sì. Ti puoi immaginare cosa pensavo quando le sentivo cadere.
RispondiEliminaLe ghiande non si buttano. Al massimo si danno ai maiali.
RispondiEliminaSe hai i maiali.
RispondiEliminaLe ho "sentite" e "viste" grazie alle tue parole.
RispondiElimina@ je_est: mi vuoi far credere che dalle tue parti non ci sono maiali?
RispondiEliminaVanno bene anche i cinghiali eh...
@ Fiore: è stato un piacere. Sorrido.
RispondiEliminale sto immaginando cadere, forse non mi è mai capitato di sentirle dal vivo. però sai che una volta ho sentito cadere una pigna sul tettuccio della macchina? senza troppi danni per fortuna...
RispondiEliminaun saluto Anto
Ti suggerisco di andare in un bosco di querce e rimanere in silenzio.
RispondiEliminaQualche volta anche a me è successo di ricevere una pigna sul cofano o sul tetto della macchina, ma non c'è paragone!
Mi hai fatto venire voglia di andare nel bosco. Anche il rumore dei passi sulle foglie, girato l'angolo e cessati i rumori della città, mi piace molto. Mi aiuta ad accorgermi che esito.
RispondiEliminaDevo immaginare che tu volessi scrivere "...accorgermi che esiSto...", esito mi suona male.
RispondiEliminaOps, certo! Nella natura esisto, è nella folla che esito :)
RispondiEliminaAnche io nella folla esito. Anzi: mi deprimo.
RispondiEliminaHo asoltato le ghiande cadere ed anche il suono soffocato dei miei passi nel bosco: coprivano quello delle ghiande. Non mi è piaciuto, certe musiche si ascoltano immobili.
RispondiEliminaQuando ero piccolo andavo con mia nonna a raccogliere ghiande per i maiali (ne vanno ghiotti).
RispondiEliminaLa strada che passa d’avanti casa mia era bianca e fiancheggiata da grandi querce, un tempo. Ce n’era una, in particolare, che era enorme. L ‘adoravo. La guardavo intridersi di scuro sotto le prime piogge autunnali che a me sembravano tempeste, e con lo sguardo immerso nello scuotere possente dei suoi rami disegnavo avventure ai confini del mondo.
Facevamo a gara per chi raccoglieva più ghiande, io e mio fratello. Due secchi riciclati, di quelli delle tempera da imbianchini e via, partiva la sfida.
Ricordo una volta in cui chiesi a mia nonna che sapore avessero le ghiande. “Non mangiarle”, mi disse “ché fanno schifo”. A me, però, sembravano somigliare troppo alle mandorle, una volta liberate da guscio e cappello, così, di nascosto, ne addentai una. Be’, non c’è miglior lezione che sbatterci la faccia.
Ogni tanto qualche ghianda cadeva con noi sotto, chini a raccoglierne; ti avvertiva sfiorando le foglie, percuotendo i rami magri. Non fischiava. E guai ad alzare la testa per vedere ed evitare, molto meglio ascoltare, ripararsi la testa e attendere.
Non sono poi neanche tanto strane, certe somiglianze con la vita.
Basilico
@ harry: hai perfettamente ragione. Infatti mi sono seduta ed ho ascoltato. Meglio se ad occhi chiusi.
RispondiEliminaLe somiglianze tra certi nostri ricordi o atti è spesso imbarazzante...
RispondiEliminaIo non ho mai provato a mangiare una ghianda. Mi hanno detto che non sono commestibili e non mi sono mai posta il problema di che sapore avessero. A quanto mi dici non sono granché.