20 novembre 2017

Un'infinita tenerezza

Tre stelle alpine conservate in un vecchio portafogli. Alcuni quaderni dell'Internazionale. Una chiave senza portachiavi. Un borsello nero. Il congedo militare del 1934. Un paio di foto sbiadite del matrimonio di chissà chi. Sono pezzi delle vite dei miei nonni. Sono all'interno di una scatola che mia madre aveva quasi dimenticato e che abbiamo ritrovato per caso cercando tutt'altro. Sfoglio quei quaderni, sfioro quella chiave, leggo i caratteri eleganti del congedo e scruto le foto scolorite di facce mai viste. Oggetti sopravvissuti a chi li possedeva. E mi assale un'infinita tenerezza.

[foto by AlmAArietis]

12 commenti:

  1. i ritrovamenti casuali, come le memorie che riaffiorano prepotenti mentre si tenta di evocare altro, hanno l'improntitudine di imporsi a noi, ci colgono impreparati e ci lasciano un disagio che fatichiamo a superare, come di fronte a quegli amici che amano le improvvisate. Sono cari, quegli amici (e forse anche quei ritrovamenti, ma, perbacco, ci sono piombati in casa nel momento meno opportuno.
    massimolegnani

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, ero impreparata. Non mi aspettavo di ritrovare frammenti della vita dei miei nonni in una qualsiasi scatola di cartone. Inopportuni non direi, sorprendenti sicuramente.

      Elimina
  2. Ho una grande casa di famiglia. In un riordino infinito. E nel riordino capitano anche a me oggetti dei miei. Qualche mese fa ho trovato un coltellino con il manico d'osso a forma di scarpa femminile. Era il regalo fatto da un innamorato a mia nonna Bianca. Lo so perché me ne aveva parlato tanti anni fa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le case di famiglia sono grandi contenitori di ricordi. Un mondo magico.

      Elimina
  3. Sono oggetti semplici, ma con un valore incommensurabile.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì. Mio nonno teneva moltissimo al suo congedo militare. Ha fatto la campagna d'Africa ma ne parlava poco.

      Elimina
  4. Grazie per aver condiviso con noi questi teneri momenti.
    Buona giornata :-)

    RispondiElimina
  5. Mesi fa,quando morì un parente,mi fecero leggere le lettere che una mia parente Ausiliaria di Salò scriveva a sua cugina,mia nonna, e alla sua zia. Ho conosciuta questa donna,che mai rinnegò la sua fede fascista. Lettere lunghissime, stilisticamente impeccabili. Chiedeva delle galline, parlava d'amore e libri. Di facciate di case e rigagnoli.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le parole quando sono scritte possono avere lo stesso destino delle cose: restano anche se chi le ha scritte non c'è più.

      Elimina
  6. Mi hai ricordato una poesia di Borges che probabilmente conosci. S’intitola “Le cose”.
    Eccola:

    “Le monete, il bastone, il portachiavi,
    la pronta serratura, i tardi appunti
    che non potranno leggere i miei scarsi
    giorni, le carte da gioco e gli scacchi,
    un libro e tra le pagine appassita
    la viola, monumento d’una sera
    di certo inobliabile e obliata,
    il rosso specchio a occidente in cui arde
    illusoria un’aurora. Quante cose,
    atlanti, lime, soglie, coppe, chiodi,
    ci servono come taciti schiavi,
    senza sguardo, stranamente segrete!
    Dureranno piú in là del nostro oblio;
    non sapran mai che ce ne siamo andati.”

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'avevo letta, sì.
      E ti ringrazio per averla riportata in calce al mio post.

      Elimina