7 gennaio 2016

Al cospetto di un dolore

Al cospetto di un dolore senza riparo non esistono parole degne di essere pronunciate. E se pure esistessero sarebbero solo sterili particelle d'aria. Al cospetto di un dolore senza rimedio non esistono consolazioni che tengano né fiammelle in grado di rischiarare l'inspiegabile. Si va così, senza occhi e senza suoni, alla ricerca di una ragione che tenga, di una scusa che serva, di una spiegazione che possa rimpicciolire la disperazione o il nero vacillare di un supplizio. Ma non c'è nulla, veramente nulla che possieda la sostanza necessaria. Per questo ci si rimette al solo silenzio e alle braccia miti del tempo.

[foto by nilgunkara]

18 commenti:

  1. Al cospetto di un dolore, non solo non facciamo silenzio, ma ormai siamo abituati a fare un bell'applauso...

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    1. Non credo sia il mio caso. Non al cospetto di certi dolori.

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  2. Il dolore e il piacere io credo sian radici—la voce è delle foglie—che annodate gelose nella terra tengono ritto l'albero che sei

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    1. Sono d'accordo. Senza dolore non si esiste e non si è niente. A suo modo serve. Proprio come il piacere.

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  3. forse la presenza, silenziosa e autentica.
    ml

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  4. Non, niente parole, solo un abbraccio. Come ho sempre fatto.

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  5. Se tutti la pensassero come te sarebbe bello.
    "Non esistono parole degne di essere pronunciate" dici.
    Penso agli imbecilli che cercano di consolare per la morte di una persona cara, carissima, dicendo la frase biblica "meglio così, adesso non soffre più".
    Li ammazzerei sul posto.
    L.A.

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    1. Non ho mai sentito nessuno dire "meglio così" di fronte alla morte di qualcuno. Anche se il pensiero che la morte abbia potuto dare pace mettendo fine all'agonia straziante di qualcuno, mi è sempre sembrata una morte lieve.

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  6. Mi piace il tuo utilizzo del termine già rispettoso del 'cospetto' del dolore. Ma è proprio lui che cambia le persone in persone migliori. Da qualche parte è scritto che certa tristezza migliora lo spirito, è altrettanto vero che esserne soverchiati lo distrugge. Ma certo è che gli individui claudicanti e con ferite non ancora del tutto rimarginate costituiscono la parte migliore del mondo che ha imparato ad apprezzare la gioia di vivere anche in quella breve vita di cui disponiamo.
    Per il resto se è vero che le parole sono insufficienti a descrivere certe sensazioni, in questo caso, al cospetto di un dolore impossibile da confortare, devono tacere lasciando il posto alla semplice, silenziosa, complice compagnia.

    Uomo

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    1. Cospetto. Sì. Un po' come quando ci si accosta a qualcuno o a qualcosa che non si potrà sfiorare mai. Ci si mantiene ad una distanza corretta, ci si sofferma solo quel poco che serve.

      Ovviamente i grandi dolori cambiano le persone. A volte, però, possono anche devastarle. Serve una grandezza d'animo particolare per tramutare il dolore in atto di crescita.

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  7. Chiedo scusa in anticipo: non leggete il mio commento come una provocazione sarcastica, offensiva o irrispettosa.
    È la voce di una vita trascinata qua per il cuoio capelluto; cerco in tutti i modi di "vivere" decentemente tra dolore fisico e non, ma per me sarà davvero un "meglio così, ecc.".
    Sì, Euridice, la morte a volte non è il male peggiore.
    Marzia

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    1. No, Marzia, la morte è il male peggiore, perché non c'è rimedio e quasi certamente mette fine a tutto. Preferibile per me venir trascinato qua e là per "il cuoio capelluto", soffrire, dolersi di ogni momento, ma viverla sta vita che non tornerà mai più.
      L.A.

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    2. @ L'Amanita: non considero la morte il male peggiore. Non sono per la vita ad ogni costo, non lo sono mai stata. Ovviamente c'è chi considera questo principio al pari di un'eresia. A me non importa e comprendo pienamente il senso del tuo commento.

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  8. Ho pasticciato un po’ e perso un pezzo:
    anche la morte può avere (o essere?) un mite abbraccio.

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