28 maggio 2015

La legge e altri impiastri

Non capirò mai i grovigli della giurisprudenza. Né i viscidi cavilli di cui si fiuta l'esistenza e si pratica l'essenza. Argomenti di fervide discussioni con un compagno penalista e con colleghe che di legge e altri impiastri mi fanno leggere ogni giorno. Non saprò mai non mettermi nei panni di una vittima e non potrei mai ragionare se non col sangue e col cervello. Poiché continuo a pensare, e i fatti non permettono di fare altrimenti, che la Legge non abbia alcuna possibilità di garantire la Giustizia. Troppe parole, troppi intendimenti, troppe interpretazioni e troppe sfumature. Non se ne esce, né da vivi né, soprattutto, da morti. Perché i morti non parlano ed i vivi parlano fino alla nausea.

[foto by Zemni]

18 commenti:

  1. I diritti pubblici li ho sempre studiati volentieri all'università.
    I diritti privati, fatti di clausole ed eccezioni, ecco, quelli mi piacevano meno.

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    1. E sono proprio quelli che creano più squilibri e danno vita a più eccezioni.

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  2. Infatti ognuno fa come gli pare. Troppi se, troppi ma, troppe alternative e troppe indulgenze, infatti s'è visto che società ci ritroviamo. Prendi ad esempio il caso di Parolisi per il delitto Melania Rea. Gli sono stati scalati 10 anni perchè non c'era l'aggravante della crudeltà: ma come? Un tizio che colpisce 35 volte con un coltello non è crudele? Questo mondo deve esplodere.

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    1. No, non è proprio così. Non è vero che ognuno fa come gli pare. La legge c'è. E' complessa, per carità. Gonfia di interpretazioni ma fallibile, imperfetta, non sempre soddisfacente. Ma è legge.
      Il caso di Melania Rea ha sconvolto anche me.
      Sarebbe interessante capire quale sia il limite da superare per raggiungere il livello di "crudeltà". Per me Parolisi quel limite lo ha superato in maniera plateale. Per i giudici, evidentemente, no.

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    2. Per questo, dico, che ognuno fa come gli pare. Come può un giudice quantificare il grado di crudeltà e addirittura negarlo davanti a 35 segni di arma condundente su di un corpo. Ma un cuore in petto, ce l'hanno, questi giudici del diavolo?

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    3. mi permetto di intromettermi per dire anch'io che la legge c'è ma di fronte ad un omicidio non c'è uguaglianza nel numero degli anni di reclusione...
      basta guardare i casi degli ultimi anni per rendersi conto che mentre per un giudice un omicidio può "valere" 10 anni, per un altro 30, per un altro ancora solo 5...
      Credo sia una cosa assurda.

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    4. A riguardo mi sono espresso esaustivamente da me. Ovvio che approvi Martin in toto, anche su quel "ognuno fa (interpreta) come gli pare".

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    5. @ Riccardo: ci sono decine di dettagli che fanno la differenza nella scelta di una pena. Mi rendo conto (perché spesso ne parlo con il mio compagno che fa, guarda caso, l'avvocato) che una pena esemplare non esiste. I giudici tengono conto di elementi che noi, umili lettori o seguaci di TG, non conosciamo e che nessuno ci spiega. Sono questi i "grovigli" che non sempre riesco a capire ed accettare.

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    6. @ franco: sì, ho letto il tuo post. Ci siamo svegliati, ieri mattina, entrambi con la stessa idea, probabilmente. Cioè scrivere di questi strani accadimenti giudiziari che, ad essere sinceri, sembrano ripetersi sempre più frequentemente.

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  3. Io, invece, avrei paura di una legge senza interpretazioni e senza sfumature...

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    1. Un altro estremo, Remigio.
      Oggi siamo sommersi dal numero eccessivo di possibilità.
      Neppure una mancanza totale di interpretazioni sarebbe auspicabile.
      Una via di mezzo?

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  4. mettici poi avvocati senza scrupoli e coscienza...

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    1. Ci sono anche quelli, sì.
      In generale, ci sono troppi avvocati... è forse questo il sintomo di un apparato che avrebbe bisogno di una rigorosa revisione?

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    2. si, ce ne sono troppi, anche perchè, se è anche vero che studiare costa, poi c'e tempo per recuperare i soldi persi...
      e siccome "cane non mangia cane"...

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    3. Fare una causa oggi, equivale ad accendere un mutuo. Almeno là ti rimane una casa (e non è detto).

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    4. @ Riccardo: se non vado errata, qualche tempo fa, mi è capitato di ascoltare o leggere la notizia secondo cui il numero degli avvocati che esercitano nella sola città di Roma è identico a quello degli avvocati che esercitano la professione in tutta la Francia. Questi sono i parametri. Ed è allucinante.
      Quando sento dei ragazzi che vogliono studiare giurisprudenza per diventare avvocato, se posso, consiglio loro di lasciar perdere. Non di studiare, ma di fare l'avvocato.

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    5. @ franco: dipende dalla causa, chiaramente. Come ho scritto poco sopra, conosco un po' questo "universo" e posso affermare che non è sempre così semplice. E cadere nei luoghi comuni è fin troppo facile.

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    6. Io parlo per pessime esperienze personali.

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