24 novembre 2014

Tra il dire e l'essere

Tra il dire e il fare, si sa, c'è di mezzo il mare. Forse anche l'oceano o, magari, qualche continente, l'intero pianeta o la galassia piena. Ma tra il dire e l'essere, invece, cosa passa? Non riesco neppure ad immaginarlo. Perché dire è sempre gratis. Non costa e non pesa. Sta lì, pronto sulla lingua e si dice. Essere prevede un saper essere che non va detto con la stessa leggiadra spavalderia né con il potere di chi sa di non poter essere affatto. Si dice, certo, e si dice di essere qualsiasi cosa. Un peccato che può costare caro e che non lascia fiato da sprecare. La mortificazione rimane tra le labbra di chi dice di essere e non è, questo è chiaro. Gli altri sorridono amaramente, ma sorridono.

[foto by novus41]

44 commenti:

  1. Dire è sempre gratis.
    Quanto hai ragione...

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    1. Lo so.
      Dire non costa mai niente... neppure la fatica che occorre per farlo.

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  2. "Gli altri sorridono". Ma sono altri che anche loro pensano spesso di essere e non lo sono. Non lo sono neanche nei confronti dei loro stessi principi. Tra il dire e l'essere c'è il pericolosissimo credere di essere. Inquietante e viscido status, che coinvolge, spesso in buona fede, un casino di gente. A cominciare da me, ovviamente. ;)

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    1. "credere di essere" o anche il "fingere di crederlo". Ed a forza di fingere va a finire che lo si crede davvero. Molto molto triste, in ogni caso.

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    2. Credere di essere una trappola molto pericolosa. Si può crederlo in buona fede, per carità, ma rimane comunque una situazione pericolosa e fatale.

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  3. Francamente io non sono un tipo modesto che glissa quando si trova di fronte al dover prendere posizione su qualche argomento, oppure si nasconde quando si tratta di assumersi certe responsabilità. Tu dirai, ma che c'entra con l'assunto del mio post? Come sempre Pablo non ha capito. Forse non il tuo pensiero, ma quello che voglio dire io c'entra a mio modo di vedere col tuo post. Volevo dire e forse non ci sono riuscito che io non mi sono mai considerato secondo a nessuno, ma non ho mai detto di essere un padreterno. Quando mi è capitato ho ampiamente dimostrato di esserlo, lasciando agli altri la fatica di ammettere o non ammettere che io fossi in quel frangente, in quella materia, in quella opportunità migliore di tutti.
    Ma se non lo dicono, se non lo pensano non me ne frega nulla. Grazie a dio non soffro di questi complessi.
    Pablo

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    1. I padreterni non esistono, soprattutto se sono uomini come tanti e che, come tanti, non sono eterni né onniscienti.
      Come hai correttamente intuito, ho la sensazione che tu sia andato un po' fuori tema.
      Pensare di essere migliori è proprio quel dire di essere che è difficilissimo da dimostrare e che, spesso, non si può dimostrare. Quindi: al posto tuo volerei un po' più basso. Non per modestia, ma solo per oggettiva comprensione.

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    2. Come spesso ti è accaduto con quel che ho scritto hai letto fugacemente il mio commento. Io non ho detto di pensare di essere il migliore ma che in un certo frangente, in una certa materia, in una certa opportunità ho "dimostrato" coi fatti di essere migliore. E quando non lo ho dimostrato certamente non ero io il migliore ma qualcun altro. Volo come posso, né alto né basso, volo a due metri da terra perché è a quell'altezza che sta il mio cervello.
      Pablo

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    3. Essere i migliori è sempre piuttosto relativo. Per questo non mi fido e non credo a chi dice di essere il migliore in qualcosa o in qualche materia. Perché il migliore non esiste. Tutto qui.
      E quindi, forse, avere il cervello a due metri da terra non garantisce nulla.

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    4. Certamente perché c'è sempre una comparazione: il giocatore migliore della squadra, lo scienziato migliore del gruppo di ricerca, il migliore della classe, il soldato migliore della compagnia, ma questo è ovvio Mia, di che cosa stiamo parlando? Perché non fidarsene a prescindere? È partito preso e basta. Se sono gli altri che qualificano questa preminenza perché non credere che gli altri dicano che qualcuno è migliore di loro?
      Il cervello a due metri da terra garantisce di non schizzarlo di fango e di non sporcarlo di polvere quando cammino. Ma è possibile che tu non capisca il senso di una battuta? Mi hai invitato tu a volare basso e io ti ho risposto ironicamente. Troppo per te?
      Pablo

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    5. La mia era solo una constatazione oggettiva: l'assoluto non esiste.

      Le battute le capisco. Quando sono scritte non sempre, evidentemente.
      Il sarcasmo lo apprezzo meno, soprattutto quando sono stanca ed irritabile. Quindi ti consiglio di non esagerare...

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    6. Non c'era sarcasmo in quel mio "troppo per te?". Non conosci il mio sarcasmo e non puoi giudicare. Comunque può darsi che fosse eccessivo, soprattutto non pone questioni né le risolve. Diciamo che mi è sfuggito.
      Pablo

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  4. Il problema non è dire o non dire, ma essere o non essere (come diceva qualcuno)!!! ;)

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    1. Essere o non essere...
      E' proprio questo il problema... se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli.

      Ok, ci siamo capiti!

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  5. certe persone parlano troppo ... la concretezza non è di questa epoca

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    1. No, la concretezza è spesso solo annunciata, evocata o immaginata.
      Solo quello.

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  6. Essere significa essere se stessi, non parlare. Credo che non debba spiegare chi sono ma solo mostrarmi quale io sono. Se poi la persona che mi frequenta non è in grado di capire dai miei comportamenti il mio essere, mi spiace ma io cambio persona.
    Psomoi Andròmeoi

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    1. Essere "qualcosa" (non "qualcuno") prevede solitamente un impegno di una certa serietà ed entità. Poi, però, con quell'impegno bisogna fare i conti e dimostrare di essere.
      No, non è facile.
      Non sarebbe meglio tacere?

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    2. Come faccio ad essere "qualcosa"? Io sono "qualcuno" oppure non sono nessuno. Non credi di essere entrata in un imbuto?
      Ma forse non capisco io.
      Probabile.
      Giusto, meglio tacere.
      Psomoi Andròmeoi

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    3. Essere qualcuno è sempre scontato nel senso che, essendo individui, tutti siamo qualcuno. Il problema è dire di essere "qualcosa", cioè qualificarsi in qualche modo. Essere in senso qualificante. Essere: intelligenti, buoni, capaci, curiosi, innamorati, perfetti, impeccabili e via dicendo.
      Questo intendevo.

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    4. Oh mio Dio, Mia! Ti stai incartando. Proprio tu, purista della lingua italiana, ci cadi. Io ho sempre detto e sempre sentito dire che "qualcuno" era intelligente, "qualcuno" era buono capace curioso, "qualcuno" era innamorato, perfetto, impeccabile e via dicendo.
      Non ho mai sentito dire e mai dirò che "qualcosa" fosse intelligente, "qualcosa" fosse buono capace curioso, "qualcosa" fosse innamorato, perfetto, impeccabile e via dicendo.
      Qualcosa, uno spillo, si è innamorato di qualcosa, una castagna.
      carino però.
      Psomoi Andròmeoi

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    5. Io mi sto incartando?
      Ma sei sicuro di aver capito quello che ho scritto?
      Tutti siamo "qualcuno", questo è ovvio e non mi interessa.
      Ma essendo "qualcuno" siamo anche "qualcosa". Ossia "essere" "qualcosa".
      Più chiaro adesso?

      In caso contrario: rinuncio. Non ho energie a sufficienza oggi.

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    6. Vabbè ho capito. È un po' forzata per la mia mentalità, ma capisco cosa vuoi dire. Ritiro l'incartatura, ok?
      Psomopi Andròmeoi

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  7. per l'appunto, Cartesio collegava il pensiero all'essere...

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  8. Sicuramente per un periodo della mia vita sono stata diversa da ciò che dicevo. Lo ammetto prima di tutto con me stessa. Adesso volo bassissimo, raso terra, con qualche slancio entusiasta verso l'alto. Rendersi conto di dire e non essere equivale a cadere dal cielo senza paracadute e che botta ragazzi: per sé stessi e per gli altri. Sono quindi cauta, molto cauta, sia mai che ricapiti. Buona serata. A.

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    1. Dire di essere ciò che si sa di non essere è spesso un po' infantile. Magari legato a certe insicurezze e certe mancanze. Poi, per fortuna, si diventa un po' più grandi e, soprattutto, consapevoli. E ci si rende conto che dire di essere ciò che si può essere davvero è la misura migliore, per sé e per gli altri.

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    2. Sì è vero, dire di essere ciò che non si è può essere sicuramente infantile, legato a mancanze ad insicurezze mai sopite, mai risolte. In un bambino ancora acerbo ed in un adolescente ancora in pieno travaglio esistenziale posso anche capirlo. Ma un adulto che si macchia, consapevolmente, di un tale torto verso il prossimo e verso sé stesso no, è e rimane un millantatore (speriamo solo temporaneo va!). A.

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  9. Abbiamo via via annacquato il dire e l'essere con il dire di essere.. millantando idee chiare.. ;)

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    1. Le idee sono spesso molto chiare ma, nonostante questo, dire di essere è spesso solo un confuso millantare.

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  10. Essere ciò che si dice non sempre ha scopo.
    Io ci provo, con ogni fibra del mio essere a rendere coerente la mia essenza con le mie parole (o viceversa) ma quando occhi esterni scoprono che quanto ho detto corrisponde a verità rimangono esterrefatti e fuggono, poiché ciò che di me racconto, raramente è qualcosa di buono.

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    1. Sei sconvolgente fino a tal punto?

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    2. Direi piuttosto "difficile".
      Sono io e sono il primo a dire che star in mia compagnia e conoscere a fondo ciò che sono sia un'agonia che risparmierei volentieri al mondo.

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    3. Stare in tua compagnia e conoscere a fondo ciò che sei è un'agonia?
      Dovrebbero essere gli altri a dirlo, non tu.
      E forse tu non sei oggettivo.

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    4. Gli altri scompaiono: il silenzio è una risposta sufficiente, in genere...

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    5. Non mi sembra che tu viva come un eremita o un misantropo.
      Hai amici e anche una ragazza, se non ho letto male.
      Quindi: stai esagerando mi sa... sorrido!

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    6. Gli amici son solo conoscenti con i quali trascorro qualche momento. Definirli davvero amici sarebbe azzardato.
      Quando sono in mezzo a loro (chiunque siano) tendo a sentirmi solo, nonostante le persone attorno a me.

      In quanto alla ragazza..beh.. Lei è stata l'ultima a scappare, un paio di settimane fa.

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    7. Mi spiace che la tua ragazza sia "scappata".
      Anche se "scappare" non mi sembra il termine tecnico adatto.

      Non so. Forse sei molto giovane ancora. Non ho idea di quale sia la tua età, ma sono certa che non vai molto lontano dai 20 anni.
      Questo starebbe a significare che sei ancora in una fase di "formazione". Gli amici ci sono e se non ci sono ci saranno. Li farà la tua esperienza e il tuo crescere.
      La ragazza pure. Per lei, però, dovrai essere più delicato e più paziente.

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    8. Chissà, chissà...
      Non si chiede l'età ad una certa categoria di persone. Si cresce fino ai 18, da quel momento in poi, ogni anno sono 18.

      Non è è né il momento, né il luogo per disquisire di queste cose, in ogni caso. La situazione è sempre molto più articolata di quanto un commento non possa spiegare.

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    9. L'età non si chiede alle signore, non ai ragazzi (pure giovani).
      Comunque: non importa.

      Non è necessario approfondire.

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  11. "Io dico sempre quello che penso!!!!" Sì ok, magari se ti avanza tempo pensa a quello che dici anche! Fu così che il mio nonno mi spogliò.

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