12 novembre 2014

I minuscoli fallimenti della lettrice che sono

Non abbandono mai i libri che leggo. Meglio: non li abbandono quasi mai. E dentro quel quasi ci sono tutti i minuscoli fallimenti della lettrice che sono. Perché posso fallire, capitolando sotto la scure di storie che non sento, di personaggi che non mi dicono, di una scrittura che non ha sapore né languore. Cedo. E capisco che cederò nell'arco di qualche decina di pagine. Poi penso che forse posso aspettare ancora un po', penso che precipitarsi in quella frattura è solo colpa dell'austerità che mi porto negli occhi e tra i pensieri. Questione di pochi altri lentissimi minuti e l'abbandono arriva lo stesso, esemplare ed insopportabile come un dolore.

[foto by novus41]

33 commenti:

  1. 20 pagine.
    E' il limite che do ad un libro per entrarmi in circolo.
    Se ciò non avviene, lascio.
    Non escludo sia un limite personale, ma proprio non riesco a far di meglio.

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    1. Venti pagine sono poche, credo.
      Dipende poi dalla lunghezza del libro. Ci sono opere brevissime che, dopo venti pagine, hanno già detto molto. Ce ne sono altre, più lunghe, che dopo venti pagine non hanno ancora affrontato alcun argomento.

      L'ultimo libro che ho abbandonato, l'ho letto almeno per un terzo. Ossia un centinaio di pagine. Ho cercato di dargli un'opportunità maggiore, ma alla fine non ce l'ho fatta.

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  2. è vero, spiace sempre abbandonare un libro, ma spesso il fallimento non è nostro ma di chi ha scritto in modo poco soddisfacente.
    ml

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    1. A me dispiace sempre abbandonare un libro. Lo vivo, come ho scritto, proprio come un mio piccolo fallimento. E non amo fallire.

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  3. Non capisco perché te ne dispiaci. Se un libro è brutto è brutto e basta. A ne se non mi irretisce fin dalle prime pagine puoi star tranquilla che non mi piacerà mai. Ho iniziato oltre sei mesi fa a leggere "I figli della mezzanotte" si Salman Rushdie e non lo ho ancora finito. Da tutti giudicato un capolavoro, tradotto in quindici lingue (almeno al momento della mia edizione), di un autore che mi piacque tantissimo coi precedenti suoi libri, tutti oramai dei classici, tipo "I versetti satanici" e "L'ultimo respiro del moro", e "La vergogna", questo libro mi sta rimanendo sul gozzo, ma voglio finirlo a ogni costo per poi poter dire: non mi piace.
    Comunque capisco te. I lettori di manoscritti della Case editrici -ne conosco una veramente in gamba- leggono le prime 20 pagine, poi una decina verso la metà e le ultime 20 pagine. Da lì esprimono il primo giudizio. Così se hai scritto un capolavoro dalla pagina 21 alla 50 e dalla pagina 61 alla pagina 80, ma fesserie nelle restanti pagine sei fregato.
    Pablo

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    1. Me ne dispiaccio perché se decido di leggere un libro, vorrei portarlo a termine. Nel caso specifico (il libro che ho scelto di non terminare ieri) avevo preso l'impegno di scrivere una recensione. Ma non ce l'ho fatta. Ho scritto all'editore annunciando la "sconfitta". Non sono riuscita ad andare oltre le 100 pagine.
      Sono sinceramente dispiaciuta.

      Non so se chi sceglie di pubblicare un libro piuttosto che un altro, abbia ben chiaro cosa sia scritto bene e cosa non lo sia. Quando mi capita di leggere "robaccia", ho la sensazione che molti non sappiano fare il loro lavoro o, quanto meno, lo fanno malissimo.

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    2. C'è da aggiungere che la mia amica, lettrice per professione di una importantissima Casa editrice del paese in cui vivo, mi ha spiegato che lei ha fatto per molto tempo la "scrematrice", cioè come dice la parola la prima selezione. In una sessantina di pagine sei assolutamente in grado -dice lei- di sapere se l'autore conosce la grammatica e la sintassi (la punteggiatura non importa molto, ci penserebbe l'editor a metterla a posto); se sa formare una frase e legarle alle altre; se conosce il ritmo narrativo oppure no; se le sue frasi hanno un senso logico oppure sono appese al soffitto -parole sue-. Lo scrematore questo deve appurare. Sarà il secondo lettore ad approfondire e a vedere se il tema trattato possa interessare una vasta gamma di lettori, e soprattutto quanto vasta, perché una Casa editrice è un'intrapresa commerciale e non un'opera pia di beneficenza. Sono sempre espressioni della mia amica.
      Tu leggo che volevi fare del libro una recensione, ma non ce l'hai fatta, per questo ti senti sconfitta. Ma ancor più sconfitti dovrebbero sentirsi coloro i quali quel testo hanno appoggiato a scapito di altri forse migliori, sui quali non ti saresti addormentata.
      Buona serata. Pablo

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    3. Le grandi case editrici possono lavorare in maniera molto diversa rispetto alle piccole: hanno più soldi. Ma ciò non garantisce maggiore qualità, visto che molta "immondizia" viene pubblicata sia dai grandi che dai medi che dai piccoli editori. Serve solo molta passione e molta conoscenza per poter scegliere con intelligenza cosa sia il caso di pubblicare e cosa scartare.
      Se facessi questo mestiere (e non mi dispiacerebbe) farei passare pochissimi libri. Mi rendo conto perfettamente, e ne ho parlato anche in passato, che le case editrici non lavorano per la gloria e che il loro è un "mercato" come un altro. Eppure penso che per lavorare nel mondo dei libri serva qualcosa di più che il semplice spirito imprenditoriale e della solita scaltrezza nel marketing. Ovviamente quelli bravi riescono a venderti schifezze immonde riuscendo a farle passare per capolavori. Bastano campagne pubblicitarie suggestive e martellanti, passaggi televisivi e radiofonici ad hoc e la gente, un po' imbambolata di chiacchiere, ci crede e compra. Poi, magari, si pente ma va così.
      Scegliere un buon libro non è affatto semplice. Bisogna essere più preparati e "furbi" degli editori!

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  4. Succede che qualcuno lo abbandoni e poi lo ritrovi, e mi pento di averlo abbandonato.

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    1. I libri che ho abbandonato, non li ho mai ritrovati.
      Ma forse capiterà anche a me...

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  5. C'è un esame che non supero. E' la terza - TERZA - volta che mollo Cent'anni di solitudine al traguardo intermedio delle cento pagine. Ogni volta devo ricominciare e inizio a chiedermi: perché devo?

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    1. Io non l'ho ancora letto.
      Anzi, forse ho provato a farlo molti anni fa ma dopo qualche pagina ho mollato. Non ricordo neppure perché.

      Per rispondere alla tua domanda: non devi. Ci sono molti altri libri da leggere.

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    2. M'anfatti. Cercavo giusto conferme. ;)

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  6. Portare a termine la lettura di un libro che non mi piace, che non capisco, che non mi trascina nella sua trama è per me impossibile. Lo pianto lì e anzi me ne libero immediatamente senza rimpianti, regalandolo, non necessariamente alla persona che più mi stia antipatica, perché trovarmelo tra le mani anche solo saltuariamente mentre cerco qualcos'altro mo darebbe fastidio.
    Quindi ti capisco.
    Psomoi Andròmeoi

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    1. Neanche io riesco a leggere ciò che non mi piace. Ci provo ma, come ho scritto nel post, dopo un po' devo abbandonare.
      I libri che abbandono li tengo lo stesso.

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  7. Lisa Miller, qui sopra, si pone un limite di 20 pagine. Io sono più drastico: se arrivo a pagina dieci (narrativa, non editoriale) tirandomi da solo per i capelli, quel libro è da mettere via e dimenticare; se arrivo lì dritto filato, invece, so già che il libro mi prende. Se ci arrivo così-cosà, mi pongo altri limiti (20, 50, 100 pagine): succede con romanzi del 1800, che entrano nel vivo della narrazione dopo un interminabile mucchio di pagine puramente descrittive. Però se un libro fa cagare, fa cagare, punto e basta, e a volte te ne rendi conto dalla primissima pagina (mai letto fabiovolo? Ne ho preso in mano uno, dei suoi "libri", e a pagina due proprio non sono arrivato: la mia mente mi si è rivoltata contro alla fine della prima); abbandonarlo non è un delitto, ma un atto di tutela della propria salute mentale.

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    1. Come ho già scritto a Lisa, il limite fisso delle 20 pagine potrebbe non essere adatto ad ogni lettura. Dipende dall'opera, per l'appunto.

      Non ho mai letto Volo, nemmeno per curiosità né per diletto. No, mi rifiuto.

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  8. Non lo considero un fallimento, neppure minuscolo; lo considero un'ottimizzazione del tempo (poco) che si ha a disposizione per la bellezza e il piacere.
    Detto non da me, che sarebbe una barzelletta, ma da persone che la sanno, viene pubblicata ogni cosa, anche ciò che potrebbe tranquillamente stare in un cassetto per sempre: perché dunque sprecare tempo?
    E comunque, anche se un libro ha un valore oggettivo, può non avere un'importanza soggettiva, in quel momento.
    Provare e lasciare andare: ci sta :-)

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    1. La tua "lettura" degli eventi mi pare particolarmente pragmatica. E anche un po' cinica. La capisco perfettamente e, con un minimo sforzo, credo di poterla condividere.
      Il mio tempo, in effetti, è prezioso. Soprattutto quello che posso permettermi di dedicare alla lettura. Perché sprecarlo?

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  9. Ahimè, col Kindle è molto più facile abbandonare. Vuoi perché si pagano poco o nulla, vuoi perché il file dell'ebook è più impersonale.

    Ma sempre grazie a Kindle, per un libro che tronco dopo poco ne ho mille altri a portata di clic.

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    1. Non ho un Kindle, ma leggo comunque libri digitali. Il mio approccio, però, non è molto diverso da quello che avrei con un qualsiasi libro.
      Nel caso in esame (il libro che ho appena abbandonato) mi sono trovata di fronte ad un e-pub. Ma non è stato di certo il formato del libro a farmi optare per l'abbandono.

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  10. Io sono testardo.
    Capita a volte che un libro mi pesi parecchio ed allora passano anche 3 mesi, prima che io riesca a finirlo (tempo impensabile, per me). Però stringo i denti e lo finisco. Ne ho lasciati a metà solo 3, in vita mia. E sono lì: prima o poi li riprendo e li rileggo. E' una promessa che rinnovo a me stesso ogni giorno che passa.

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    1. Più che testardo, mi sembri particolarmente ostinato.
      Ma, sinceramente, un po' t'ammiro.

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  11. Capita anche a me di non arrivare in fondo ad un libro. Leggendo mi assale la noia e mi chiedo per quale motivo debba sprecare del tempo a leggere qualcosa che mi annoia. E così lo lascio lì. E' forse anche per questo che in genere vado prima in libreria a sfogliarli e poi li compro in e-book. Così se non dovessi finirlo, almeno la spesa è decisamente inferiore rispetto al cugino cartaceo...Buona domenica Mia Euridice :)

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    1. Hai lo stesso atteggiamento di ogginientedinuovo (chiedo scusa ma non conosco il nome). Un po' cinico, ma schietto e razionale. Anche per quanto riguarda la gestione dei costi!

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    2. L'altro giorno ho cercato un libro e cartaceo costa 30 euro mentre in formato ebook ne costa 10. 20 euro di differenza non sono pochi. Però se sfogliando quel libro dovessi vedere che ci sono molte foto o qualcosa che in formato cartaceo rende molto di più, comprerei il libro. Nel caso di romanzi solo scritti credo che il formato ebook sia più che sufficiente. La mia casa è piena di libri :D Buona serata Mia Euridice

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    3. Sì, so che il costo di un ebook è più conveniente di un cartaceo. E credo che lo diventerà molto di più quando l'Iva sugli ebook passerà al 4% come su ogni altro libro: passaggio corretto, secondo me.

      E' per questo che anche io leggo ebook. E non capisco perché ci siano tanti che preferiscono non farlo. La carta ha il suo fascino, è chiaro. Ma un ebook non ha nulla che non vada, almeno per me.

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    4. Sono d'accordo e spesso è solo un pregiudizio o di abitudine. Credo che ci vorrà del tempo. Poi salvando la biblioteca in cloud hai accesso a tutti i libri ovunque...

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  12. Anche a me dispiace abbandonare un libro e lo faccio davvero raramente. Ricordo il patema passato con Anna Karenina, terribile. Ho saltato pezzi di pagine e sono giunto alla fine saltellando. Ho detestato Tolstoj. Mio dio.

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    1. Certo Anna Karenina non è esattamente una lettura leggera.
      Abbandonarlo ci può stare...

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