31 luglio 2014

Come fossi un libro

Parlo con gli alberi e, in loro assenza, con le altre piante. Non sono particolarmente folle né mi sento tale. Parlo senza verbo e senza fiato perché loro non hanno orecchie e non hanno bisogno di sentire a tutti i costi. Le parole arrivano direttamente dalla mia linfa e si iniettano tra le croste di una corteccia o nelle vene in controluce di una foglia. Non mi permetto di toccare con la veemenza cieca dei bipedi, mi accontento di sfiorare le vertebre asciutte di un arbusto o l'incedere arricciato di un petalo. Poi mi discosto appena e mi racconto in silenzio. Come fossi un libro.

[foto by Cigaroh]

26 commenti:

  1. A me capita spesso, diciamo quotidianamente, anzi meglio diciamo ogni momento di effettuare colloqui con la natura, alberi, fiori, piante, superfici acquatiche -fluviali, lacustri o marine che siano- insetti, cielo, e quel che vi naviga dentro; a volte, la minoranza delle volte, la voce è sentita da me soltanto, interiore, perché il colloquio è muto, mentale; a volte parlo a voce alta e se qualcuno passasse nelle vicinanze potrebbe anche pensare che io sia un po' scemo o impasticcato o sbronzo, ma io insisto perché ho bisogno di ascoltarmi per essere in simbiosi con me stesso e con gli elementi naturali che io isolo ed evoco continuamente. Come quando andavo a scuola, che studiavo a voce alta, mentre non riuscivo a capire come facesse Francesco Esse, per esempio ad imparare a memoria una poesia, leggendola e rileggendola in silenzio. Io avevo bisogno di declamarla passeggiando su e giù per la mia stanza.
    "Poi mi discosto appena e mi racconto in silenzio. Come fossi un libro".
    Questo faccio anche io, ogni momento.
    Potrebbe essere la bentrovata affinità.
    Rido io questa volta.
    Pablo

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    1. Una sorta di francescanesimo, forse. Parli con gli elementi della natura, come nel Cantico delle Creature.

      Anche io quando studiavo avevo bisogno di ripetere tutto ad alta voce. Non solo le poesie, ma anche tutto il resto. Quando avevo un esame all'università e studiavo tutto il giorno, alla sera non avevo più voce.

      Ridi pure...

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  2. "sfiorare le vertebre asciutte di un arbusto o l'incedere arricciato di un petalo", accidenti che bellezza queste parole!
    ml

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    1. Bellezza: una parola a cui è difficile dare corpo e materia.
      Grazie.

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  3. Mi piace tanto passeggiare tra le mie piante in campagna; mi soffermo sempre nei pressi di un secolare albero di olivo, affascinato dal quel tronco contorto e rugoso senza tempo. E ogni volta, osservandolo rapito dalla sua bellezza, gli sussurro: ma perché non parli? Ne avrebbe di cose da raccontarmi!

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    1. Anche a me piace molto passeggiare tra le piante. E mi mancano molto le passeggiate nel bosco che facevo fino a qualche tempo fa. Nel bosco c'era la grande quercia che abbracciavo in silenzio e con affetto, come fosse una sorella. Mi manca, come mi mancano tutte le piccole meraviglie che alberi e pianti sanno generare.

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  4. Se poi l'albero l'ha piantato tuo padre, tuo nonno, o un tuo antenato (come nel caso di ulivi, ed è il mio caso) la questione è ancora più profonda. Io ho il "mio" albero, è un alloro che piantò mio padre quando nacqui. Adesso è molto cresciuto.

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    1. Mio padre non ha piantato un albero per me. E nemmeno mio nonno. Penso che non sia un uso diffuso da queste parti. E' un'idea molto suggestiva e potente.

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    2. Scusa eh: che cazzate!..cordialmente G.

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    3. In questo commento di cordiale leggo poco.
      E i poco educati li reggo anche meno.
      Potrei eliminare il tuo commento, ma per questa volta sorvolo.
      Questa volta e basta.

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  5. Pa-tro-no! Jean Claude.

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  6. Sì, abbastanza, ti ringrazio per l’interessamento. Si tratta solo di un intercalare siciliano che denota un divertito stupore dinnanzi all’esotico, per così dire. Niente di più. Tu, piuttosto, stai bene? Saluti.

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    1. E da quando ti intendi di intercalari siciliani?
      Ora sarei io a dover dire PA-TRO-NO!
      Esotico tu in questa circostanza. Molto esotico, per quel che ne so.

      Io sto bene, grazie.

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    2. Dopo l'università ho passato cinque anni in Sicilia. Evitavo l'estate però. Non ce l'avrei mai fatta. Quindi, di qualche intercalare siciliano un po' m'intendo. Mi sarà, dunque, concesso qualche "pa-tro-no"? Ciao.

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    3. Non potevo sapere. Ovviamente.
      Temo che l'estate siciliana non sia umanamente tollerabile. Condivido.

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  7. Ti racconti già e bene. In un blog molto poco libro ma ugualmente odoroso di attenzione e voglia di custodire. E custodirsi.

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  8. Ringrazio Dio per averti conosciuto. Le tue parole sono sempre come il suono di un'arpa: toccano corde profonde. Amiamo molte cose in comune, cose che vivo ma che non ho la capacità di descrivere e raccontare con la tua stessa ricercata delicatezza.

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  9. Condivido tutti i sentimenti di questo post, anzi: li conosco e li custodisco in me.
    Da ragazzina ero arrivata a scegliermi un albero del mio quartiere come fratello: mi somigliava o, almeno, così era per me.
    Però, c'è una riflessione che mi cattura dopo averti letta e aver "ripassato" mentalmente i miei ricordi: questo sentirmi parte della natura verde era ed è per me, anche, il segnale di una solitudine di fondo, una solitudine profonda, d'anima vorrei dire.
    Ecco, ogni volta che ripenso a quando mi immedesimavo negli alberi provo e ricordo la stessa sensazione, malinconica senz'essere molesta: il senso di solitudine nella condivisione del profondo, di quanto c'è oltre e senza le parole.

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    1. Ho deciso parecchio tempo fa che, un giorno, magari subito dopo essere morta, sarò albero. E lo avevo anche scritto in un post qualche tempo fa.

      Non so se "sentirsi" albero o parlare con gli alberi sia sintomo di una tendenza alla solitudine. Potrebbe essere. La solitudine non mi ha mai spaventato.

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  10. Condivido, anch'io non ho paura della solitudine anzi, l'apprezzo.
    Le mie erano considerazioni "senza giudizio di merito".
    Di più: la solitudine è la stanza della creatività, così credo.

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    1. Condivido pienamente il senso che attribuisci alla solitudine.

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