13 ottobre 2013

Nel mare non ci sono taverne (*)

Non conosco il mare: elemento che non m'appartiene e che m'inquieta ogni volta. Andare per mare è un'arte che non so e che appartiene a chi nel sangue ha mescolate particelle di sale. Eppure in tanti s'avventurano e muoiono. Alcuni, sono sicura, il mare non l'hanno mai neppure visto prima di salire su un barcone. Ma non li spaventa abbastanza. Perché fa più paura la guerra e la fame. La morte no, si considera appena e neppure per scaramanzia. Ci si affida ad una preghiera sussurrata dentro e agli occhi amari di chi si ama. Poi, però, magari arriva lo stesso. E si muore in un mare che non si era mai guardato. Con un dolore che non oso immaginare.

(*) proverbio napoletano
[foto by simoneheld]

10 commenti:

  1. Sono nato in riva al mare di Civitavecchia, scoglio tra gli scogli. Ho avuto la salsedine sulle minuscole labbra impastata di latte materno. L'eterno vento del Tirreno mi ha sbattuto in faccia il sapore del mare, l'odore del mare, l'essenza del mare. Come l'ultima volta ai primi di dicembre del 2011. Mare succhiato dall'aria, mare che ti trafigge le pupille coi suoi riverberi nascosti.
    Eppure non lo amo.
    Lo temo e a volte lo aborro, come quella volta -ero un ragazzo-che mi aveva risucchiato in un vortice e non mi volva restituire alla mia vita, al mio cielo.
    Da allora lo rispetto.
    È divino, non materiale, è incorporeo nella sua essenza.
    Questi figli di un dio crudele che mettono per la prima -e l'ultima- volta piede dentro una carretta del mare non sanno quello cui vanno incontro. O forse ne hanno un'idea, ma tra una morta possibile, orribile ma veloce, e una morte certa eternamente lunga scelgono il mare come presumibile carnefice; se ne fidano di più.
    Mi chiedo quanta paura devono avere costoro, quali orrori devono aver vissuto per affrontare un mare come il Tirreno nel canale di Sicilia.
    E mi chiedo come sia possibile in questa nostra lacrata Patria che esistano ancora giudici che non si vergognano di applicare la incivile legge Bossi-Fini, due fior di delinquenti e d accusare di illecita immigrazione che fugge dalla morte affrontando la morte.
    Mettete fuori legge la Lega e in galera quei giudici che l applicano.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I giudici devono fare quello che dice la legge. Non credo possano disapplicarla. E se c'è una legge, quella sì davvero criminale, andrebbe semplicemente cambiata o annullata.

      Elimina
    2. E chi lo dovrebbe fare secondo te? Promuoviamo un Referendum? E poi? Quanti Referendum abrogativi sono stati aggirati da nuove leggi-trucco tipo quella del sovvenzionamente pubblico dei partiti, abrogata da un referendum, e aggirata da una nuova legge-truffa che stabilisce i "rimborsi" pubblici agli stessi partiti?

      Elimina
    3. Non serve un ennesimo, inutile Referendum. Esiste un Governo e un Parlamento no? Possono gestire la cosa come dovrebbe essere. La Bossi-Fini fa pena ed è necessario cambiarla. Non c'è altro da dire né da fare.

      Elimina
  2. per chi può e ne è capace, arriva il momento in cui 'partire' è l'unica urgenza.
    il mare è l'ultimo approdo, spesso passano anche un paio d'anni nel deserto, nelle prigioni, sotto le torture, le violenze e il ladrocinio di tutto quanto messo da parte.
    partire da una morte certa verso una probabile... ma comunque incerta è già qualcosa in cui sperare.
    e mentre qui contiamo febbrilmente le vittime, nessuno ricorda che altrettanti, tra quelli rimasti in patria, muoiono e continueranno a morire per il solo fatto di esser nati in territori che raramente assaporano la pace per colpa dell'avidità di chi è nato oltre qual mare e quelle terre (cioè noi).


    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nella disperazione credo sia più che umano scegliere una morte probabile piuttosto che una morte certa.
      Le nostre colpe sono pesanti come macigni, hai ragione.

      Elimina
  3. La versione integrale del detto napoletano oltre al mare contempla anche il cielo. Mia nonna lo recitava sempre ma è in uso anche tra la generazione successiva, mia madre lo pronuncia spesso perché anche lei si sente inquietata dal mare...pe' mare e pe' cielo nun ce stanno tavern. Ma una volta approdati sulla terraferma bisogna stare attenti ai terremoti. Il mondo, la vita, tutto è precario. Tutto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho imparato questo proverbio grazie ad un libro di Erri De Luca letto diversi anni fa. E non ricordo neppure quale fosse...

      In realtà non ci sono vere sicurezze in nessun luogo. Ma forse il mare è il luogo meno certo che esista.

      Elimina
  4. Penso che non ci siano nemmeno dei golf club, nel mare.
    Sì, il mare è "luogo incerto" e pericoloso però, pare, che "averci a che fare" sia stato storicamente necessario.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, immagino non ci siano neppure golf club. Ma non è detto che a qualcuno non salti in mente di metterceli.

      Il mare è uno dei tanti luoghi incerti del mondo, ma attraversarlo ed affrontarlo è, per molti, indispensabile.

      Elimina