14 settembre 2013

170 al giorno

170. Sono i libri che vengono editi ogni giorno in Italia. Ma ci pensate? Sono 1190 in sette giorni, 5100 al mese, 61200 all'anno. Libro più, libro meno. Da quanto leggo in giro, buona parte di quelle pagine finisce al macero. E, dettaglio ancor più ridicolo, oltre la metà di quanto viene pubblicato non vende neppure una copia. Questo significa che né un parente, né un amico, né un coinquilino dell'autore spende un centesimo per comprare il libro. Evidentemente si pubblica troppo e si pubblica male. Ai presunti scrittori dico: fatevi un esame di coscienza e, se vi va, apritevi un blog. Costa meno e qualcuno, statene certi, verrà a leggervi.

[foto by Ponti55]

28 commenti:

  1. Dato sconcertante. 170 al giorno e di alcuni nemmeno una copia venduta. Roba da matti, roba da scoraggiare perfino vecchi elefanti come me.
    L'esame di coscienza me lo sono fatto e mi son chiesto se valesse la pena insistere. Io resisto e insisto, sarò matto, ma adesso ho avuto un'idea malsana: farò tradurre a mie spese uno dei miei romanzi e cercherò di pubblicarlo in Germania. Dopo tutto narra una storia che avviene quasi interamente a Francoforte. Ho il vantaggio di essere un ex "Gastarbeiter", un lavoratore ospite venuto qui e qui rimasto, e loro ci tengono a dimostrare l'avvenuta integrazione delle masse di Gastarbeiter.
    Ci provo perché penso che se mi pubblicano almeno la prima edizione la fanno fuori, pensa tu che idea malsana!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sapevo che questo post ti avrebbe toccato e coinvolto. Tu sei autore di alcuni libri. Non so come siano andate le vendite dei tuoi romanzi e non so quanto successo abbiano avuto.
      Ci sono tante persone che, come te, pur di pubblicare un libro si pagano tutte le spese. La cosa può dare una soddisfazione personale, ma non dovrebbe funzionare così. Continuo a chiedermi perché scrivere se poi, fatti due conti, non si viene letti o si viene letti da pochissimi.

      Forse scrivere un libro fa moda. Forse è una possibilità che viene offerta a troppi, anche a chi non ha nessun talento e nessuna qualità. La realtà è che si pubblicano libri inutilmente...

      Il "genio incompreso" è una figura che non ti si addice, per tua fortuna.
      Ambizione? Desiderio di successo? Egocentrismo?

      Elimina
    2. Hanno venduto poco, ma non hanno avuto l'onore di un recensione, nemmeno una, che qualche volta aiuta.
      Non ho speso finora un soldo, ma la traduzione in tedesco me la devo pagare perché la traduttrice traduce i migliori libri italiani per le due più grandi Verlag tedesche. Non posso fare da solo: conosco bene la lingua, ma scivere in Hoch Deutsche non è per me.
      Non sono un genio incompreso, proprio no, ma credo di valere almeno quanto certi che vanno per la maggiore.
      Ambizione? Perché no. Desiderio di successo? Chi non ce l'ha? Egocentrismo? Ogni artista, ogni scrittore deve averne, come potrebbe cercare di imporsi senza?
      Hai dimenticato il più importante, quello che mi riguarda: bisogno di esprimermi.
      So che mi capisci, per questo mi sto lasciando andare.

      Elimina
    3. Credi di valere almeno quanto certi che vanno per la maggiore...
      Immagino sia questa idea a spingere tantissimi a fare gli scrittori. Sinceramente non so quali siano i parametri che inducono te e altri tuoi "colleghi" ad avere questa presunzione. Il valore di sé non può venire esclusivamente da se stessi: sarebbe un giudizio fallato e molto, molto parziale. E' per questo che, soprattutto nel mondo della letteratura (non quello editoriale), è necessario un giudizio. E' fondamentale distinguere il buono dal non buono, gusti a parte.
      Dire a te stesso che sei bravo non ha molto valore. Lo dico senza intenzione di offenderti, questo immagino tu lo sappia.

      Il bisogno di esprimersi passa attraverso decine di modi. Purtroppo in troppi pensano che scrivere sia quello più facile, più utile, più abbordabile. Per questo credono che pubblicare sia importante. Mi spiace infrangere il sogno: non lo è. Scrivere non è per tutti. Lo dico da tanto tempo, spesso attirandomi insulti e non solo. In realtà pochi sanno scrivere davvero. Tutti gli altri si dilettano pur pensando di essere al pari dei grandi.

      Elimina
    4. Non c'è che dire: una bella stroncatura, ma te la concedo visto che stai sui miei parametri.
      Allora: presunzione significa pensare di essere quello che non si è come ben sai. Io non presumo, ma deduco. Da cosa? Fin dai tempi del liceo il mio insegnante, che era Agostino Masaracchia un mito e un monumento, puoi trovarlo in internet, mi diceva che fossi nato per scrivere. La mia prima editrice, Giulia Fabbri, mi disse che un romanzo come "Martedì dopo l'autunno" non poteva non essere pubblicato. Su quel che io scrivo trovano da ridire, ma nessuno dice che devo smetterla.
      Ho letto tutti i Premi Strega degli ultimi anni, ho iniziato Siti, ma su di lui non esprimo giudizi ancora. Una delusione enorme e niente di nuovo.
      Sono nuovo io?
      Sono me, altro non so dire. Non credo di poter rivoluzionare il mondo della letteratura, ma ho idee con le quali se un buon editore mi pubblicasse qualcosa potrei almeno tentare.
      Io mi sono espresso e brillantemente coi colori e coi segni. Non ho fatto carriera perché non ero un "accademico", qualifica che ti consente di avvantaggiarti su tutti gli altri. Coi miei quadri scrivevo e scrivo storie; con le mie storie dipingo quadri.
      Non sono un fenomeno ma abbastanza autocritico dal ritenere cosa è bello e cosa no. Ho un magazzino pieno di quadri che non vedranno mai la luce perché non piacciono all'autore, cioè a me. Ho cartelle piene di cose che ho scritto e che non pubblicherò mai, perché non sono buone come le volevo io.
      Nessuno mi ha mai sentito dire che sono un genio incompreso, forse un genio compreso bene, quello sì.
      Scrivere non è per tutti, ok! Non mi immischiare por favor con certa gente, che scrive per andare in giro a petto in fuori. Non so perché lo facciano gli altri "miei colleghi", ma io so perché lo faccio.
      Ci ho messo sentimento in questa risposta, come avrai sentito di sicuro, ma non livore; non con te. Anzi ti ringrazio per lo spazio che mi hai provocato. Avrei solo un rimpianto: tu una volta mi hai rifiutato una recensione dicendo che non lo facevi su ordinazione. OK! Mai più sollevata la questione e posto il quesito, ma non pensi che prima di scrivere "in realtà pochi sanno scrivere davvero" avresti dovuto dare un'occhiata a come scrivevo io?
      Con affetto Euri, sinceramente con affetto vivissimo: così si cementano le vere amicizie, dicendoselo in faccia come hai fatto tu e come ho fatto io. Ciao.

      Elimina
    5. Bene, se non credi di poter rivoluzionare il mondo della scrittura, scusa: ma cosa scrivi a fare? Per raccontare una storia? Vado dalla vicina del piano di sotto, ne ha sempre di interessantissime.
      L’ultimo aspetto in un romanzo credo sia la storia.
      Lo stile di cui parlava Céline, lo straordinario romanzo di Faulkner scritto in sei giorni durante le pause dal lavoro di operaio, una metafisica della perifrasi, Arbasino, Gadda: dov’è in costoro la storiella, l’ambizione, se non nel raggiungere una scrittura altra e non per l’altro.
      Per non parlare di colui che ha voluto impegnare i docenti universitari per anni e anni e ha fatto sterzare Jacques Lacan dandogli un’idea straordinaria per uno dei suoi ultimi Seminari: James Joyce che arriva all’apice di qualsiasi scrittura con il Finnegans Wake.
      "I bei libri sono scritti in una specie di lingua straniera" sosteneva Proust.
      Il desiderio di successo penso sia davvero deleterio per un artista.
      Prendi per esempio Dumont per ciò che riguarda il cinema: pensi che un film come “Camille Claudel 1915” sia fatto per il pubblico?
      Pensa a Basinski riguardo alla musica contemporanea, a Deleuze, Derrida per la filosofia.
      Credo davvero che sia un nuovo linguaggio a muovere questi autori e non il desiderio di successo.
      Ti ho scritto questo, Vincenzo, perché penso che i premi Strega siano un pessimo paradigma per chi voglia scrivere davvero.
      Non ho mai letto nulla di tuo, quindi, non sto dando un giudizio – come potrei - sulla tua scrittura. Ho solo fatto delle puntualizzazioni riguardo a ciò che hai commentato.
      In effetti mi sono rivolto a te nella risposta perché del fatto che ci siano persone che vogliano pubblicare, ebbene, poco mi importa; inoltre, riguardo all’apertura di nuovi blog: ma per favore!
      P.S.: Chi si rilegge? M. senza lo schermo della gentilezza. Quasi un piacere.
      Saluti.

      Elimina
    6. Ecco, il principio "rivoluzionario" della scrittura di cui parla Anonimo è il fondamento di uno scrittore autentico. Somigliare a tanti altri o mescolarsi a ciò che già c'è non è il vero senso dello scrivere.

      Io non posso giudicare i tuoi libri, Vincenzo, perché non li ho mai letti. Infatti non ho espresso giudizi sul tuo modo di scrivere, ma su ciò che porta te, ed altri come te (non c'è nulla di offensivo), a voler pubblicare un libro ad ogni costo.
      Alla fine, comunque, a parte l'esigenza di dover comunicare qualcosa, io non ho ancora capito perché scrivi e perché continui a voler pubblicare, pagandoti persino una traduzione in tedesco.

      In merito all'apertura di altri blog: voleva essere una specie di battuta. Probabilmente chi ha pubblicato senza essere mai stato letto da anima viva, potrebbe (per assurdo) trovare molti lettori su Internet. Perché in Rete anche chi non legge e non acquista libri, fa uno sforzo e si diverte a leggere.

      Elimina
    7. Mamma mia che confusione! Io voglio volare basso e mi si costringe a tirare fuori gli artigli.
      Allora Anonimo, per una volta sei eccellente e partecipe, quindi ti tratto alla pari. Amico mio io credo di poter rovesciare il mondo per come scrivo. Ho pubblicato un romanzo in cui fino alla fine la storia è un insieme di storie, di due vecchietti che tentano il colpo del secolo, di una storia di amore e di mafia, di un poveraccio che si innamora in Germania e alla fine si trova trascinato in un delitto, che non pagherà mai se non con il lasciarsi crepare in un'isolotto vicino a Lampedusa.
      Ho pubblicato un romanzo in cui un padre rincorre il fantasma della figlia che si è infilata nelle truppe della R.A.F. e di cui da 20 anni non sa più nulla. Dov'è la storia? Chi se ne frega della storia, amico anonimo. Io ho scritto dei sogni di quest'uomo e delle sue speranze dividendo il libro in 12 giornate, trascorse a rincorrere un sogno, un fantasma.
      Non ho pubblicato un libro in cui uno scrittore si sente arrivare il blocco e non scrive più, ma rimugina tutto il tempo sul perché e sul percome e se ne esce fuori con un disperato tentativo di suicidio andato a buca per colpa di un attacco di diarrea.
      Sono storie queste?
      Parlo dei premi strega (minuscolo spregiativamente) per indicare gente "che va per la maggiore" sospinta al successo dai loro editori, di cui non ho trovato uno soddisfacente al punto da non farmi vomitare.
      Ma questi sono i libri che vengono pubblicati, premiati e comperati. Cosa ci faccio con i miei libri che rivoluzionerebbero sta letteratura se nessuno me li pubblica?
      Ma io il culo non lo lecco a nessuno e continuo a credere che prima o poi qualcuno si accorga di ciò che ho scritto e pubblicato NON A PAGAMENTO, perché io non caccio una lira.
      Nemmeno per le mie poesie ho speso soldi e mi risulta che abbiano venduto niente male dalla GDS. Mi hanno solo chiesto se ne ordinavo una ventina di copie, ma non l'ho fatto e adesso mi scrive che vorrebbe pubblicarmene ancora qualora ne avessi. Ce l'ho, ma ci devo pensare.
      Adesso a te, cara M. Io scrivo perché mi piace e perché credo di essere in grado di cambiare tutto, compresi gli scettici. Non ho mai pagato nessuno, ma la traduzione la tipa non me la fa gratis, non pago un editore, ma una traduttrice che non è la stessa cosa.
      Non ho mai detto di somigliare o di voler somigliare a nessun altro, cavolozzo fritto io sono io e troppo orgoglioso e superbo per imitare chicchessia. Quando sviluppavo la mia pittura non andavo alle mostre per non contaminarmi, pensa tu. Leggo poco anche per quello e chi se ne frega se qualcuno mi giudica snob o presuntuoso o superbo o arrogante. Ti ho scritto una volta cosa intendo per arroganza.
      Ti sembrerò imbufalito e lo sono perché purtroppo con questo sistema del commentino e controcommentino ci si può capire a fischio come le cicale. Non te la prendere più di tanto, ma mi dovevo sfogare.
      Grazie a te e grazie anche ad Anonimo.
      Vi sono debitore
      Di cuore ve ne ringrazio.

      Elimina
    8. Ma così cadi in un solipsismo mortifero! Non puoi sostenere che non leggi perché altrimenti ti contamini. Scusa, ma per uno scrittore il confronto è fondamentale. Io faccio fatica anche a scrivere queste poche righe, ma leggo in continuazione. Per me la lettura è fondamentale, è una gioia è un incontro. Ti permette di “confrontarti” con pensatori a volte straordinari e profondissimi, come mi sta accadendo in questo periodo con Pavel Florenskij; anche se in questo caso parlo di teologia non di narrativa. Lo sai, ci sono libri che ti cambiano lentamente; qui si tocca davvero un aspetto fondamentale, non solo dell’essere scrittore.
      Oltre a questi aspetti sostanziali, ce ne sono altri più lapalissiani. Elogi sempre M. per come scrive. Ma come credi che sia arrivata a scrivere così? Certo il talento, dirai, ma io dico: la lettura!
      Per altro credo che tu tenda un po’ a sopravvalutarla; sorrido.
      Ripeto, quindi, che asserire di non leggere per non contaminarsi è a parer mio, perdonami, un’affermazione piuttosto grave; in particolar modo per uno scrittore.
      Con questo non sto dicendo di legger chicchessia. Per carità.
      Il discernimento è una capacità che si acquisisce proprio grazie alla lettura.
      Ci sono case editrici molto interessanti che continuano a pubblicare autori altrettanto interessanti.
      Saluti.

      Elimina
    9. Non ho detto che non leggo nulla, ho detto che non leggo bulimicamente, come certe persone. In quel senso intendevo la contaminazione. Cosa vuoi, leggi qui, leggi lì e qualcosa nella penna te ne resta. Se la lettura è buona riesce a strappare dal TUO fondo di magazzino tutto quello che hai, ma se la lettura è mediocre tiri fuori il ciarpame che sedimenta in ognuno di noi.
      Spero di essermi spiegato stavolta.
      Non credo di sopravvalutarla, anzi. E poi a me piace come scrive lei.
      Saluti.

      Elimina
  2. dunque un'ottantina sono autoprodotti, diciamo da regalare agli amici... (sempre che anche gratis qualcuno li legga)...
    se poi il dato si moltiplica per la popolazione mondiale...
    il pensiero va agli alberi, in primis, e poi a tutto il resto che ha a che fare con la realizzazione (e lo smaltimento) di qualcosa che è di nessuna utilità e interesse ma è ad alto impatto ambientale...
    (ops... praticamente ho scritto la didascalia della foto al post! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La problematica ecologica, in effetti, si fa pesante. Per fortuna negli ultimi anni tantissimi aspiranti scrittori pubblicano e-book che non prevedono l'uso di carta. Almeno il danno ambientale è inferiore.
      Ma il problema rimane.

      Elimina
  3. Il tuo consiglio è molto saggio, se non altro diminuirebbe lo spreco di carta e l'abuso di inchiostro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, si potrebbero evitare sprechi di materiali che costano parecchio all'ambiente. Ma, come ho scritto a teti, qualcosa sta cambiando grazie ai libri elettronici. Si limita, almeno un po', il danno.

      Elimina
  4. ho letto da qualche parte che la pasta di carta ricavata dal macero dei fondi di magazzino serve ottimamente come isolante termoacustico in edilizia. è ecologico, riciclabile quasi all'infinito e con uno speciale trattamento pure ignifugo.
    e poi vuoi mettere quando sia 'intellettuale' avere una casa coibentata con i libri?
    :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sei un inguaribile ottimista, Pier.
      Riesci a vedere del buono anche in questo caso...

      Elimina
  5. C'è più gente che scrive che gente che legge. E fra quelli che scrivono ci sono anche "i geni incompresi". Dio ce ne liberi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il paradosso di troppa gente che scrive e di troppa gente che non legge l'ho affrontato in diversi post, nel corso del tempo.
      L'angoscia sale anche perché spesso sono proprio i tanti aspiranti scrittori a non leggere!

      Elimina
  6. Che tristezza per i poveri scrittori, neanche un amico o un parente! Però anche certi "scrittori", a volte vengono illusi da chi li pubblica, ciao buona domenica brunella

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mah...
      Come diceva Alberto Cane, da noi si legge molto poco. I libri possono essere regalati ai familiari, agli amici, ai vicini, ai colleghi. Ma quanta di questa gente legge veramente un libro ricevuto?

      Elimina
  7. Mi piacerebbe sapere quanti di questi sono stati pubblicati con editori free e quanti invece hanno dovuto pagare per stampare il proprio libro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono sicura che la percentuale di chi si è pagata la pubblicazione del proprio libro è molto alta. Purtroppo. E' che per sentirsi scrittori si pensa sia sufficiente pagare un editore!

      Elimina
  8. Non riesco a capire il senso di questa bulimia ... Nemmeno il senso economico ...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Neppure io la capisco.
      Per questo ho chiesto spiegazioni a Vincenzo che ha pubblicato e vuole continuare a pubblicare comunque.

      Boh!

      Elimina
  9. Io ho avuto grossi problemi a far pubblicare un mio libro, si intitolava "Le origini fenicie di Garibaldi" e prendeva spunto da un antico scritto trovato nella cantina dei miei nonni che recitava "Garibaldi fu fenicio, fu fenicio in una gamba, Garibaldi che comanda, che comanda i suoi soldà" e proseguiva con "Goroboldo fo fonoco, fo fonoco on ono gombo..." a metà stesura del mio saggio mi sono reso conto del refuso: non era "fenicio" bensì "ferito"! Però a quel punto avevo già completato 10 capitoli e pur di finirlo ho tirato in ballo anche sumeri, babilonesi e ittiti. Poi per il 150° anniversario dell'unità d'Italia me l'hanno pubblicato, subito un milione di copie vendute. Veniva usato come bomboniera nei matrimoni degli italiani residenti all'estero.

    RispondiElimina
  10. Non è la prima volta che posti su tale argomento e non sarà l'ultima credo. Io non vedo dove sia il problema: la pletora di pubblicazioni si seleziona da sola, gli e-book fanno male alla vista e la blogosfera è già abbastanza piena di blog e bloggersi illegibili. Aumentarne il numero non mi pare una buona idea. Per il resto, per tutto il resto d'atmosfera che si respira nel post non dirò nulla che tu non sappia già.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, ho parlato delle assurdità editoriali in diversi altri post in passato. E forse ne parlerò di nuovo, hai ragione.

      Gli e-book non fanno male alla vista. Ma chi dice certe sciocchezze? Gli e-book, se letti correttamente su dispositivi appositi, sono assolutamente adatti a chiunque e facili da gestire.

      La blogosfera è in mutazione perenne. I blog nascono e muoiono in continuazione. E tu ne sai qualcosa, giusto?
      E poi, come ho scritto sopra, la mia era una specie di battuta.

      Elimina