27 agosto 2013

S. Sabba

Entrare a S. Sabba pretende silenzio. Avverto appena i miei passi tra le due strette pareti di cemento. Finestre buie come occhi senza vista sovrastano anche i pensieri. So che il nodo che chiude la gola sarà la costante. I segni del male sono tutti nella normalità di ciò che resta. Pavimenti scalfiti, celle striminzite e tavolacci. La Stanza delle Croci e poi la Cella della Morte. Il camino, quello, non c'è più. E neppure i segni evidenti della vita che qualcuno ha trasformato in morte. Gente passata e finita, lì o altrove. I salvati sono pochi e ricordano tutto. Permane la memoria e una colpa senza fine.

[Stanza delle Croci - foto by mia_euridice]

13 commenti:

  1. Una pagina di storia troppo terribile, un orrore dopo il quale nulla più mi spaventa. È incredibile però esercita su di me una sorta di fascino, sarà anche diabolico ma non so spiegarmi. Anche la letteratura sulla shoa mi attrae molto. Non oso immaginare quello che è stato subito da tantissime esistenze senza colpa alcuna. Ma ricordare il passato serve a non ripetere gli errori.

    Complimenti per la bellissima foto. Voglio dedicarti una musica che amo da quando ero bambino e, non so proprio perché, risuonava nel mio orecchio la sua impronta acustica nel momento in cui ho letto questo post. Sarà stato un puro effetto di malinconie.

    http://www.youtube.com/watch?v=wCEzh3MwILY

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    1. Non so se sia fascino, in ogni caso (come sanno bene tutti quelli che mi conoscono), anche a me "piace" la storia della Shoah. Leggo regolarmente libri che ne parlano: racconti, saggi, memorie di sopravvissuti. Eppure la visita alla Risiera di San Sabba è stata per me la prima volta in uno dei tanti luoghi dello sterminio nazista.

      La foto è una delle tante che ho voluto portare via con me.

      Grazie per il brano musicale, Veil.

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  2. Ci sono stato anche io. E' stato un colpo al cuore. Così come al campo di Fossoli dove furono portati parenti di persone che conosco. Percepii anche tutta l'ignoranza, i silenzi sulle responsabilità dell'Italia. Tempo dopo andai nei campi in mezza europa con la mia amica israeliana. Cercava una parte della sua famiglia completamente spazzata via dalla faccia della terra. Terribile fu vedere in quel freddo impressionante la foto di una ragazza, di una giovane donna con la stessa identica faccia della mia amica.

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    1. Al campo di Fossoli non ci sono mai stata. Non ancora, mi piace pensare.
      L'Italia ha responsabilità pesanti, purtroppo. Alla Risiera ho avuto l'esatta percezione di quanto fosse diffuso il collaborazionismo e il silenzio della gente comune.

      Ho visto le foto di decine di facce di persone inghiottite dal fuoco di S. Sabba. C'erano ragazzi, uomini e donne. Non erano ebrei perché gli ebrei li portavano nei campi più grandi dove, comunque, andavano a morire lo stesso.

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    2. Che poi quella faccia era proprio la nonna della mia amica, fu sconvolgente davvero. Anche se la mia amica su avvolta dalla serenità, più che dal dolore.
      A Fossoli un tempo si andava per ricordare i 4 lecchesi che furono trucidati lì il 12 luglio del 1944.

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    3. Immagino che per la tua amica sia stata solo la conferma delle sue origini. Credo che sia stata felice di rivedere il proprio volto in quello di sua nonna.

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  3. posti in cui la memoria è cattiva, il ricordo doloroso ... eppure servono.

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  4. Consiglio letterario riguardo il tema da te proposto:

    " I fratelli Ashkenazi " e " La famiglia Karnowski "di Israel Joshua Singer, fratello di Isaac, premio Nobel letteratura.

    Dacci un'occhiata, ne parlano benissimo.

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    1. Grazie Veil.
      Non ho letto nessuno dei due libri.
      Li aggiungo ai miei desiderata.

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  5. Mi era saltata, scusa.
    Ricordo la prima volta che ho visitato S.Sabba. Ero in divisa di sottotenente di complemento ed ero "di servizio". Accompagnavo un Reparto di volontari del mio Reggimento che avevano chiesto di visitare il posto. Straordinario che ragazzi di campagna di quel tempo cercassero spiegazioni. Eravamo nel 1960 e quei poveri pastori e contadini del Sud a mala pena sapevano far funzionare una doccia e avevano la cultura di una formica ammaestrata.
    Guardavo le loro facce dopo aver guardato quegli orrori. Allora non era stato ancora restaurato nulla, era tutto "nature". Impossibile non commuoversi.
    Incredibile: alla fine i miei pastori in divisa piangevano.
    Non l'ho mai dimenticato, è stato ancora più raggelante che la visione degli orrori nazifascisti.

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    1. Avrei pianto anche io, se non mi fossi sentita "osservata" da tutti gli altri visitatori.

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    2. Ti credo: io so chi sei e ho imparato a conoscere il tuo cuore.

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