20 maggio 2013

Le parole che dico di carne

Ci sono parole che non vanno dette ad ogni costo. E sono quelle le parole che dico di carne. Trapassate da capillari, parole che respirano, si muovono, pulsano e si lasciano toccare. Basta morderle o succhiarle. Premerle, appoggiarle o semplicemente abbandonarle a se stesse. Sgranarle tra le dita come un rosario o infilzarle con le unghie come una ferita. Non serve altro. Neppure dirle, appunto. Il fiato non basta o non serve. La materia le grida a prescindere. Non si tarlano né si camuffano. Non tradiscono e non si fanno tradire. Sono lì e si fanno udire. Per chi vuole ascoltarle, s'intende.

[foto by NegativeFeedback]

4 commenti:

  1. Vengo dall'aver letto un bellissimo post "bucolico" di Silvia e mi trovo davanti questo tuo bellissimo post ai limiti della filosofia della parola. Che avete mangiato ieri? Roba buona assai.
    Le parole sono di carne, di pelle, di ossa, a volta di escrementi; insomma le parole sono materia umana, palpabile, annusabile, degustabile, digeribile e a volta indigesta e da rigettare.
    l'ultimo capoverso è decisivo: "per chi vuole ascoltarle (le parole naturalmente), s'intende".
    Purtroppo ho l'impressione che la gente stia ad ascoltare attentamente solo le parole che vuole, o che crede siano buone per continuare a fare questa vita da guardoni e da ascoltoni. Le parole importanti invece non le ascolta nessuno.

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    Risposte
    1. Filosofia della parola?
      Non esageriamo eh...

      Ieri ho mangiato dei ravioli. Silvia, non saprei.

      Molte parole sono materia viva. Che poi si tenda a non ascoltarle, è un problema che si percepisce spesso.

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  2. mi hai fatto ricordare che, qualche notte fa, ho sognato di diventare muta (ma non sorda) e, che buona parte nel sogno l'ho trascorso a constatare che, il più delle volte quando mi trovavo con qualcuno, dover tacere era esattamente lo stesso che avrei fatto o facevo quando disponevo ancora del dono della parola.

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